sabato 2 aprile 2011

Inchieste Italia SITUAZIONE MARE e FIUMI


I mari italiani (e non solo i mari) risultano essere tra i più inquinati in Europa. In questo caso è evidente, molto spesso, la mano delle criminalità organizzate. Ma anche la noncuranza delle istituzioni gioca un ruolo chiave nel degrado marittimo. Secondo il rapporto “Mare Monstrum”, infatti, “la pesca abusiva, il cemento illegale sulle coste e l’assenza di depurazione rappresentano quei fardelli di illegalità che è difficile scrollarsi di dosso”. Il 2010, addirittura, ha fatto registrare un più 48% rispetto all’anno precedente riguardo i reati ambientali in questo settore.
di Andrea Succi & Carmine Gazzanni
 

 
Stando a quanto rilevato da Legambiente, sono dieci “i nemici del mare italiano”. Potremmo citare, ad esempio, la spaventosa crescita delle trivellazioni off-shore: a causa della semplificazione della normativa approvata dal Governo, infatti, molte società energetiche hanno potuto ottenere permessi di ricerca in zone estese per circa 39 mila km2 dislocati in 76 aree, localizzate per la gran parte “in aree di elevato pregio ambientale e considerate zone sensibili proprio per i loro ecosistemi fragili e preziosi da tutelare”. Altro “nemico” la minaccia del nucleare: il Governo Berlusconi, infatti, nel 2009 ha firmato con il governo francese un accordo per realizzare “4 reattori di tecnologia EPR da 1.600 MW (a cui se ne dovranno aggiungere almeno altri 4 per arrivare al 25% di elettricità dall’atomo)”. E quali le aree interessate? Aree costiere come Montalto di Castro (Viterbo), dove, secondo indiscrezioni, verrebbero realizzati 2 reattori.

Le altre località ipotizzate anche sono tutte città costiere o città affacciano sulle foci dei fiumi: Monfalcone in Friuli Venezia Giulia, Chioggia in Veneto, il delta del Po, Termoli in Molise, il Salento in Puglia, Termini Imerese e Palma di Montechiaro in Sicilia, la costa tra le province di Latina e Caserta e quella tra la provincia di Grosseto e Livorno in Toscana, la provincia di Oristano e l’Ogliastra in Sardegna.

Un’altra questione fortemente critica, ancora, è rappresentata dagli scarichi civili non depurati. Secondo il rapporto di Legambiente circa 18 milioni di abitanti (il 30% della popolazione) “non è servito da un impianto di depurazione, mentre il 15% non ha a disposizione una rete di fognatura dove scaricare i propri reflui”. Numeri certamente imbarazzanti per il settimo Paese più industrializzato del mondo. Non è un caso, infatti, che il nostro Paese sia stato deferito alla Corte di Giustizia Europea per violazione della direttiva sul trattamento dei reflui urbani con ben 178 Comuni finiti sul banco degli imputati. Di questi 78 sono in Sicilia (tra cui anche Palermo, Catania, Messina, Ragusa, Caltanissetta e Agrigento), 32 in Calabria (tra cui Reggio Calabria, Lamezia Terme e Crotone), altri comuni in Campania dove non potevano mancare Benevento, Napoli, Salerno, Avellino e Caserta, 19 comuni - fra cui Imperia, Genova e La Spezia - in Liguria; e poi dieci comuni pugliesi, le province di Campobasso, Isernia, Trieste e Chieti.

Non è un caso, allora, che i dati relativi al 2009 attestino una spaventosa crescita nell’inquinamento derivante dagli scarichi fognari illegali, cattiva depurazione e inquinamento da idrocarburi (aumento quasi del 45% rispetto all’anno precedente). Uno degli ultimi casi che ci lascia capire quanto drammatiche possano essere le conseguenze della noncuranza degli organi preposti alla vigilanza delle acque, è rappresentato dal Molise.

Per alcune settimane, tra novembre e gennaio, in ben otto comuni del Basso Molise (Larino, Termoli, Portocannone, San Martino in Pensilis, Ururi, Guglionesi, Petacciato e Campomarino) è stato vietato l’uso a fini potabili dell’acqua per l’elevata presenza di trialometani. “I trialometani – secondo fonti scientifiche - sono sospettati di creare danni al fegato, reni e al sistema nervoso centrale. Sono inoltre considerati cancerogeni”. Proprio per questo si è deciso di impedire che si potesse bere quell’acqua. Ma allora chiediamoci perché mai si è giunti a tale concentrazione di trialometani: queste particelle “si formano per un processo di reazione del cloro con la materia organica contenuta nell'acqua e la loro concentrazione è cresciuta con le piogge abbondanti di quei giorni”. Insomma, i trialometani si formano all’aumentare della presenza di cloro nell’acqua. Ed il cloro, infatti, in quelle acque abbondava. “Molise Acque” stessa – la società che gestisce il Lago artificiale del Liscione – ha ammesso il surplus di cloro, ma lo ha giustificato affermando che si è reso necessario a causa dell'aumento del carico di inquinanti e di fanghi nell’invaso dovuto alle piogge abbondanti e alle nevicate di quei giorni. Verrebbe allora da pensare che sia quasi normale e naturale la loro formazione. Ma così non è: “Lo è se il sistema di potabilizzazione è vecchio e non funziona come dovrebbe. Un adeguato sistema di potabilizzazione dovrebbe evitare proprio la formazione di questi elementi nocivi per la salute umana”. Ed infatti l’acqua che arriva nell'invaso viene depurata attraverso un impianto che gestisce direttamente Molise Acque. Ma quest’impianto è – appunto - “vecchio e non funziona come dovrebbe”. Infatti, qui, per “ripulire” l'acqua, vengono utilizzate sostanze chimiche. E questo giustificherebbe, ad esempio, anche la moria di carpe in notevole quantità, denunciata già da mesi precedenti.

Oggi l’emergenza pare essere rientrata, ma intanto i vertici dell’azienda speciale regionale “Molise Acque”, il presidente Stefano Sabatini e il direttore generale Giorgio Marone, sono ufficialmente indagati dallo scorso 15 febbraio per concorso in omissione di atti d’ufficio e avvelenamento colposo di acque. Agli indagati viene contestato di non aver preso le giuste misure di sicurezza per evitare la contaminazione chimica dell’acqua nonostante fossero consapevoli del fatto che il livello di trialometani nella diga del Liscione si era innalzato già da mesi e che anche diversi tecnici avevano consigliato di adottare tali misure.

Ma quanto detto non è che un esempio della triste realtà molisana. Una realtà nella quale ben 50 mila abitanti non sono coperti dal servizio di depurazione. Una grossa percentuale se ricordiamo che questa regione conta 320 mila abitanti. Ma d’altronde problemi di depurazione – come detto anche prima - sono presenti in diverse zone del nostro Paese: la regione in cui registriamo la percentuale più alta di cittadini non serviti da depuratore è la Sicilia con 2,3 milioni di persone (il 54% del totale). A seguire la Campania dove il servizio lascia scoperti quasi 2 milioni di cittadini. Nel Lazio e in Toscana, invece, circa 1,4 milioni (il 38% del totale) riversano ancora nei fiumi o nel mare.

Inquinamento, incuria, degrado, criminalità, indifferenza, sono queste le maggiori cause che stanno minacciando la sicurezza idrica, la biodiversità dei fiumi e l’alimentazione (frutta e verdura in particolare) che viene irrigata con acque a dir poco torbide.

Il Po di Volano, il torrente Parma, il fiume Mincio, lo Spino d’Adda, il canale Marcova, il Naviglio, il Volturno (il fiume più inquinato d’Italia..) sono tutti corsi d’acqua estremamente inquinati. E ancora.

Nel 2010 la rivista Focus ha raccontato “Gli orribili 7”: il fiume Aniene, l’Aterno-Pescara, il Lambro, l’Oliva, il Sacco, il fiume Saline e il fiume Sarno.

“All'inquinamento agricolo (l'acqua che torna alle falde o ai fiumi dopo essere passata sui terreni agricoli trasporta pesticidi e fertilizzanti) si aggiungono gli scarichi industriali più o meno trattati, ma il nemico numero uno degli ambienti fluviali sono gli scarichi civili e zootecnici. I liquami sono di per sé dei fertilizzanti, ma il loro eccesso produce un'esplosione di vita acquatica che in breve tempo consuma l'ossigeno dell'acqua e l'ecosistema fluviale a quel punto va in "crisi respiratoria" e molte specie muoiono: è la cosiddetta eutrofizzazione. Da notare che in Italia la depurazione civile è ancora assolutamente insufficiente: secondo il censimento Istat del 2008 il totale dei liquami civili scaricato nei fiumi senza subire nessun trattamento di depurazione è paragonabile a quello prodotto da 41 milioni di abitanti.”
I pesci possono morire direttamente nel fiume o sulle nostre tavole. Ma sempre inquinati e malati sono. E mangiare cibo infetto può causare tumori. Soprattutto al colon-retto ed allo stomaco..


Immagine tratta dal sito http://www.sciroccorosso.org
Amantea. Valle Oliva, riunione finale. Radioattività non dovuta a scorie

PAOLO OROFINO - Il Quotidiano della Calabria AMANTEA -  L’Arpacal quando, nel maggio del 2009,  parlò di “radionuclidi artificiali”  fece allarmare gli inquirenti, che stavano investigando sul presunto smaltimento illecito di scorie nocive nella vallata del fiume Oliva. Vallata molto vicina al tratto di spiaggia amanteana dove venti anni fa si arenò la motonave Jolly Rosso, che si fermò vicino Coreca, lasciando i sospetti di un misterioso spiaggiamento, mai completamenti chiariti. La vicinanza fra quella che è stata ribattezzata la “collina radioattiva” ed il punto dove si arenò la Jolly Rosso ha contribuito a far lievitare i dubbi sul carico trasportato dalla motonave e sul suo smaltimento. Per questo il procuratore Bruno Giordano, l’anno scorso ha disposto l’effettuazione dei carotaggi nell’intera area. Le trivellazioni sono andate avanti per due mesi in tutti i siti sospetti. Nel corso degli scavi sono stati individuate discariche abusive con picchi di arsenico e metalli pesanti, terreni che ora dovranno essere bonificati. Per quanto riguarda, invece, le emissioni radioattive, l’Ispra, l’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale, ha stabilito che si tratta di radiazioni originate da un particolare tipo di roccia, ridimensionando così il problema, enfatizzato dalla dicitura utilizzata dall’Arpacal che, relazionando sulle prime misurazioni superficiali eseguite presso la cava di Aiello con i contatori Geiger, comunicò alla magistratura di aver individuato il “radionuclide artificiale” . Il procuratore Giordano ha convocato la riunione anche per chiarire alcune incongruenze fra quanto affermato dall’Arpacal e le conclusioni dell’Ispra. “Dati relativamente contrastanti” li ha definiti lo stesso Giordano, che vuole capire il perché di queste differenze.
Fiume Oliva: da un mistero all’altro. Quando si finirà?
26 gennaio 2011
Non abbiamo potuto leggerli, ma è certo che l’Ispra ha consegnato i dati sulla radioattività del Fiume Oliva. Anche secondo il Comitato  De Grazia “Si tratterebbe di radioattività naturale”. Ed ancora ribadisce il Comitato  che  “ a pochi giorni dalla chiusura delle indagini mancano i dati complessivi. In questi ultimi giorni sono stati trasmessi dall'Ispra i dati preliminari sulla radioattività riscontrata nella cava di Valle del Signore, che confermano quanto affermato dai tecnici dell'Ispra durante i lavori di carotaggio, ovvero che si tratterebbe di radioattività di origine naturale. Così il procuratore Giordano si è visto costretto a convocare in Procura i tecnici dell'Ispra con quelli dell'Arpa Piemonte, Lombardia ed Emilia Romagna per metterli a confronto con quelli dell'Arpacal che nel 2009 certificarono la presenza di Cesio137 un radionuclide artificiale. L'incontro tra gli esperti dovrebbe tenersi nei primi giorni di febbraio, alla fine dello stesso mese scadranno i termini per le indagini preliminari e la Procura dovrà pronunciarsi: archiviazione o rinvio a giudizio degli indizia
Di questo incontro ha parlato anche Paolo Orofino che ha evidenziato come serva a “ spiegare alcune apparenti contraddizioni”.” Dati relativamente contrastanti - così li ha definiti lo stesso Giordano riferendosi alle conclusioni, circa l’origine della radioattività, raggiunte prima dall’Arpacal e poi dall’Ispra. Ovviamente quella dicitura “individuato il radionuclide artificiale” ha indotto un po’ tutti, inquirenti compresi, a ipotizzare la presenza di sostanza radioattive sotterrate. Oggi, però, l’Ispra ci dice che non è vero. Nel corso del colloquio fra tecnici dei diversi enti che si sono occupati della scottante questione, alla presenza del procuratore Giordano, si cercherà di chiarire queste incongruenze. L’ispra e l’Arpa-Piemonte hanno impiegato oltre sei mesi per consegnare al procuratore di Paola (che aveva disposto l’effettuazione dei carotaggi, come estremo approfondimento investigativo) la dettagliata relazione che ora “va letta, pagina per pagina” sostiene Giordano. Gli ingegneri della ditta che la primavera scorsa avevano eseguito le trivellazioni, nell’immediatezza delle operazioni, avevano già parlato di “radioattività naturale” probabilmente derivante da un particolare tipo di roccia tipico di quell’area. Quando verranno resi pubblici i contenuti della relazione dell’Ispra, si potrà capire qualcosa in più”.
Ed è così che il mistero si ispessisce ,cominciando dal fatto che la relazione debba essere letta “pagina per pagina”! Ma perché, come si leggono le relazioni che costano decine se non centinaia di migliaia di euro?
Cautela ? Certo, ma anche un deciso passo verso le certezze.
La radiazione è naturale od artificiale? La popolazione deve essere portata a conoscere la verità per decidere se restare od andare via da questa supposta Death Valley(  La Valle della Morte). Resta  inspiegabile, infatti, come il Cesio 137 presente in tutto il mondo e con valori assolutamente superiori a quelli dell’Oliva,possa essere inteso come radiazione esogena e tale da avviare una ricerca spasmodica delle fonti di inquinamento da radiazioni!
Il tutto, mentre appariva, ed appare, fortemente possibile, anzi certamente possibile, che nel letto del fiume siano presenti tutti i liquor della grandissima discarica abusiva che venne creata nel fiume e che aveva due straordinarie capacità, quella di nascondersi per non apparire a nessuno salvo a chi vi scaricava,  quella di essere stato il vero e più grande disastro annunciato dalle nostra città senza che nessuno lo intuisse e ne dichiarasse la gravità.
Ma allora nessuno aveva la attuale sensibilità ecologica ed ambientale.
Giuseppe Marchese
Fiume Oliva, il Comitato De Grazia vuole vederci chiaro
Fiume Oliva, il “De Grazia”: “Rendere pubblici i risultati delle analisi”. Intanto riprende vigore il movimento calabrese che portò lo scorso 24 ottobre migliaia di persone ad Amantea
Il popolo che chiede verità sulla vallata dell’Oliva, come sulle decine di siti contaminati sparsi per l’intera regione, si rimette in marcia.
In un’assemblea convocata nella sede del
Comitato Civico “Natale De Grazia” di Amantea
attivisti di diverse sigle associative si sono ritrovate per fare il punto sull’attuale situazione e programmare le prossime iniziative per difendere il territorio e tutelare la salute dei cittadini. Ad iniziare dalla vicenda della vallata del torrente Oliva dove da alcuni mesi sono in corso le attività di riscontro da parte dell’autorità giudiziaria per appurare la natura delle sostanze illecitamente smaltite in zona. Proprio per questa vicenda il Comitato “De Grazia” ha chiesto che “vengano resi immediatamente pubblici i risultati delle analisi condotte sui campioni di terreno prelevati nell’Oliva”.
«Non è possibile – affermano – che a distanza di diversi mesi non si abbia ancora prontezza di cosa è stato trovato nella vallata. Questa situazione di stallo crea molta tensione tra la popolazione che non comprende cosa possa essere avvenuto a ridosso delle proprie abitazioni. Circolano informazioni contraddittorie, rappresentanti delle istituzioni affermano che i dati in loro possesso sono “confortanti”, altri confermerebbero invece quanto dichiarato dal procuratore Bruno Giordano che prima dell’estate ha parlato di “cento metri cubi di fanghi industriali”». E’ il momento della verità, delle certezze. I cittadini vogliono sapere e per ottenere al più presto gli esiti delle analisi gli attivisti del Comitato assieme alle altre sigle presenti alla riunione annunciano battaglia. «Siamo pronti – spiegano – ad organizzare iniziative eclatanti per ottenere la pubblicazione dei risultati delle analisi e conoscere la verità su quanto accaduto nella vallata del torrente Oliva. Una verità che deve essere innanzitutto rivelata a quanti da anni risiedono in questa zona e nelle aree circostanti e che per questo temono per la loro salute». Da qui la richiesta agli enti che si sono occupati delle analisi di “far pervenire alla Procura di Paola e quindi rendere pubblici subito i risultati, per poter avviare immediatamente le opere di bonifica dei siti inquinati”.
Una richiesta che si allarga anche alle altre aree contaminate della Calabria e che porta gli attivisti del Comitato a lanciare una nuova iniziativa. «Stiamo organizzando – affermano – un nuovo evento ad un anno da quel 24 ottobre che ha portato nelle strade della nostra cittadina circa trentamila persone per protestare contro lo stato di abbandono dell’ambiente calabrese in sfregio anche alla stessa salute di tutti noi. Per quella data vorremmo poter discutere con esperti sui risultati delle analisi condotte nell’Oliva, su modalità e tempistica della bonifica. Per questo evento chiameremo a raccolta tutti quanti come noi stanno lottando in giro per la Calabria per salvaguardare i territori ed il diritto a vivere in una regione libera da qualsiasi forma di inquinamento».

Inquinamento Oliva, vertice in Procura Presenti anche studiosi di Piemonte, Lombardia ed Emilia Romagna
Ernesto Pastore -
Amantea
Potrebbe trattarsi di radioattività naturale, ma ancora mancano i dati complessivi sui quali ragionare e sgombrare il campo da ogni possibile alternativa. La situazione lungo il greto del fiume Oliva resta dunque incerta, anche se lo scenario appare certamente meglio definito rispetto a qualche mese addietro.
Nei giorni scorsi gli esperti dell'Ispra (Istituto superiore per la protezione e la ricerca dell'ambiente) hanno consegnato le risultanze degli esami svolti per proprio conto alla Procura della Repubblica di Paola. Le indagini in questione, eseguite sui carotaggi di terreno prelevati tra la primavera e l'estate 2010, avrebbero però messo in luce alcune divergenze che dovranno essere ulteriormente approfondite. Secondo l'Ispra, infatti, l'attività radioattiva che è stata più volte registrata vicino l'area indicata con l'appellativo di "Valle del Signore" sarebbe di origine naturale e non derivante da scorie radioattive.
Ben diversa invece è la conclusione alla quale sono giunti i tecnici dell'Agenzia regionale per la protezione e la ricerca dell'ambiente che non solo hanno consegnato in tempi relativamente brevi la valutazione complessiva degli esami svolti, ma confermato anche il verificarsi di attività radioattiva. Le tesi dei due istituti devono ora essere confrontate e valutate con tutte le attenzioni del caso. Non c'è dubbio che da questo passaggio si definirà il futuro giudiziario dell'inchiesta, i cui termini per le indagini preliminari scadranno alla fine di febbraio.
A tal proposito il procuratore capo di Paola, Bruno Giordano, ha convocato per l'inizio della prossima settimana un vertice al quale parteciperanno i tecnici dell'Ispra e dell'Arpacal, ma anche quelli dell'Arpa Piemonte, Lombardia ed Emilia Romagna. Gli studiosi discuteranno sui dati certificati dalla stessa Arpacal che attestò la presenza di Cesio137, un radionuclide artificiale. Questo dato fa riferimento alla relazione dell'Arpacal trasmessa alla Procura di Paola il 2 marzo 2009 sugli esami strumentali condotti in superficie, definiti "analisi radiometriche campali".

Gazzetta del sud 27 gennaio 2011RIFIUTI: FIUME OLIVA; COMITATO, “ARPACAL CONFERMA NOSTRO ALLARME”
(AGI) - Amantea (Cs), 27 ott. - “I primi dati che arrivano dall’Arpacal confermano, purtroppo, le nostre preoccupazioni sul livello di contaminazioni da sostanze tossico-nocive dei territori dell’hinterland amanteano e sulle conseguenze che hanno avuto e potranno avere sulla stessa salute delle popolazioni”. Cosi’ il Comitato civico “Natale De Grazia”, che da anni si batte per conoscere la verita’ su quanto avvenuto nella vallata dell’Oliva, commenta la notizia del rinvenimento, ad opera del personale specializzato dell’Arpacal, nell’area del fiume di arsenico, fanghi prodotti da impianti industriali e probabilmente rifiuti derivanti da raffinerie. “Quanto riscontrato nell’Oliva - denunciano gli attivisti del Comitato - dimostra che persone, senza alcun amore per il proprio territorio e per chi vi abita, abbiano avvelenato coscientemente quest’area per ottenere, esclusivamente, personalissimi ritorni economici. Un comportamento criminale che sara’ valutato giustamente dalla procura della Repubblica di Paola che finora ha dimostrato con i fatti il suo alto livello di professionalita’”. Per il “De Grazia” ora si impone “da subito la necessita’ di intervenire tempestivamente sui luoghi per delimitare i danni gia’ provocati dalla contaminazione delle acque e dei terreni della vallata”. Da qui l’appello degli attivisti. “Occorre - sostengono - che ognuno, per le proprie competenze, dimostri con i fatti di voler proteggere la salute di quanti vivono in Calabria attivandosi per predisporre la bonifica dei terreni e delle acque contaminate. Per fare questo e’ necessario che la societa’ civile (composta da cittadini semplici ed associati) assieme alle istituzioni tutte facciano quadrato per tutelare la salubrita’ dei luoghi violentati da speculatori senza scrupoli e la qualita’ della vita di quanti vivono in questa martoriata terra”. Infine l’invito specifico ai comuni interessati dalla vicenda dell’avvelenamento dell’Oliva. “Lanciamo un appello - concludono gli attivisti del “De Grazia” - a tutte le amministrazioni pubbliche locali che hanno vissuto e continueranno a vivere sulla propria pelle questa emergenza ambientale affinche’ si schierino a viso aperto e senza remore contro quest’avvelenamento dei nostri territori costituendosi, immediatamente, parte civile nel procedimento penale in corso presso la procura di Paola. Ma soprattutto muovendosi all’unisono per chiedere con forza tutti gli adempimenti necessari a ripristinare lo stato naturale dei luoghi contaminati e garantire cosi’ la salute di tutte le popolazioni potenzialmente vittime di questo sopruso”. (AGI) Com
Fiume Oliva (Cosenza)
Oggi, presso gli uffici della Procura della Repubblica di Paola, sono stati consegnati i risultati delle ispezioni effettuate dall’Arpacal (Agenzia regionale per la protezione dell’ambiente in Calabria) nelle acque del f iume Oliva. Dai riscont ri effettuati dal personale specializzato è emersa la presenza di arsenico, fanghi prodotti da impianti indust riali e rifiuti derivanti da raffinerie. I carotaggi sono stati ordinati dal procuratore della Repubblica di Paola, Bruno Giordano, che sta conducendo le indagini sullo smaltimento illegale di rifiuti nel corso d’acqua in provincia di Cosenza. L’attività investigativa ha f inora coinvolt o quat t ro persone che risultano iscrit t e nel regist ro degli indagat i con l’accusa di disastro ambientale. Il procurat ore della Repubblica, Giordano, in rif eriment o all’esito degli accertamenti svolt i, ha spiegato nel dettaglio che “Dai 91 carot aggi ef f et t uat i sono emersi rif iut i speciali, in part icolare f anghi industriali che non potevano essere smalt it i nel t erreno, ma dovevano f inire in un apposit o sit o che si t rova in Germania. Ci sono poi rif iut i pericolosi ed in part icolare è st at o riscont rat o un picco alt o di arsenico. Sono st at i poi rilevat i degli idrocarburi pesant i e rit eniamo che si t rat t i di scart i di raffineria”. Quant o alla pavent at a ipot esi circa la presenza di mat eriale radioat t ivo, il magist rat o
ha precisat o che “Per il moment o sulla vicenda della radioat t ivit à non possiamo ancora dire nulla perché at t endiamo gli esit i delle analisi af f idat e ad alcune Arpa dell’It alia set t ent rionale. Per quanto riguarda invece i rif iut i speciali t rovat i nel let t o del t orrent e, si pone ora il problema della bonifica dell’area”.
 Focus pubblica un report sui sette fiumi più inquinati d'Italia? Il terzo? L’Oliva!!
Una ricerca recentemente pubblicata sulla prestigiosa rivista Nature accende i riflettori sulla crisi idrica che sta minacciando le riserve d'acqua dolce del pianeta: inquinamento, prelievo per usi agricoli, industriali e civili sono i principali responsabili di un prosciugamento che sembra non volersi arrestare. E se credete che siano soprattutto i paesi del terzo mondo o quelli in via di sviluppo a richiare di rimanere all'asciutto vi sbagliate: secondo lo studio di Nature tra le zone più a rischio ci sono proprio i paesi del Mediterraneo, Italia compresa. Ciò significa che nei prossimi decenni succederà sempre più spesso di dover decidere chi avrà diritto all'acqua: le città, i campi o i fiumi.
E le brutte notizie non finiscono qui: secondo l'IPCC, il centro di ricerca internazionale sui cambiamenti climatici, nei prossimi venti-quarant'anni in Europa i mutamenti del clima causeranno l'aumento delle precipitazioni nell'area a nord delle Alpi e la loro riduzione a sud. Insomma pioverà sempre di più dove l'acqua non manca, causando alluvioni, mentre le regioni meridionali saranno sempre più aride. Per il bacino del Mediterraneo gli studi prevedono una riduzione della portata media dei fiumi fino al 23% entro il 2020 e del 36% entro il 2070, anno in cui le portate estive dei fiumi si saranno ridotte dell'80% rispetto ad oggi. Contemporaneamente il progressivo aumento della siccità incrementerà il prelievo delle acque per usi agricoli, innescando un pericoloso circolo vizioso.
Ma in che stato versano i fiumi italiani? Purtroppo non buono: abbiamo fatto un giro per la penisola insieme a diversi esperti, e abbiamo fotografato... gli orribili 7, i corsi d'acqua più maltrattati sfruttati e inquinati del paese. Ecco cosa abbiamo trovato.
Fiume Aniene Lunghezza: 119 km
Portata media: 29 metri cubi al secondo
Estensione del bacino: 1.438,58 kmq
Abitanti nel bacino: 1.021.000
Stato ecologico: buono fino a Tivoli, poi peggiora progressivamente fino a scadente.
Le cause: eccessivi prelievi di acqua alle sorgenti; insufficiente depurazione degli scarichi civili, industriali e agricoli; intensa urbanizzazione del tratto finale del bacino
Fiume Aterno-Pescara Lunghezza: 145 km
Portate medie: 2,2 metri cubi al secondo (L'Aquila); 18 mc/sec (Popoli); 41 mc/sec (Bussi); 50 mc/sec (Pescara)
Estensione del bacino: 3.154 kmq
Abitanti nel bacino: 990.000
Stato ecologico: scadente vicino alle città, sufficiente lontano dai centri urbani.
Le cause: depurazione civile assente o insufficiente, discariche chimiche, prelievi eccessivi, sbarramenti.
Fiume Lambro Lunghezza: 140 km
Portata media: circa 60 metri cubi al secondo; fino a 560 mc/sec durante le piene
Estensione del bacino: 910 kmq Abitanti nel bacino: circa 17 milioni -
Stato ecologico: buono nel tratto prealpino e sufficiente in Brianza; tra scarso e pessimo nel tratto milanese. Lieve recupero nel tratto lodigiano.
Le cause: enorme sviluppo urbano e industriale, depurazione incompleta, sversamenti dolosi.
Fiume Oliva
Lunghezza: 19,45 km
Portata media: circa 1,3 metri cubi al secondo
Estensione del bacino: 59,5 kmq
Abitanti nel bacino: circa 2.600
Stato ecologico: non rivelato. I risultati delle analisi sono attualmente coperti da segreto istruttorio per le indagini in corso da parte della Procura di Paola.
Le cause: smaltimento di rifiuti tossici e radioattivi, discariche
Fiume Sacco Lunghezza: 87 km
Portata media: 16 metri cubi al secondo
Estensione del bacino: 1.530 kmq
Abitanti nel bacino: 1.335.000
Stato ecologico: da scadente a pessimo in tutti i punti tranne che in prossimità delle sorgenti.
Le cause: inquinamento chimico persistente di origine industriale; depurazione civile insufficiente, scarichi industriali abusivi.
Fiume Saline Lunghezza: 10 km
Portata media: 5 metri cubi al secondo
Estensione del bacino: 34 kmq; 616 kmq considerando anche il Fino e il Tavo
Abitanti nel bacino: 159.800 censiti
Stato ecologico: da scadente a pessimo nei centri abitati, sufficiente nei tratti a monte.
Le cause: smaltimento incontrollato di rifiuti di ogni tipo, discariche fuori norma, prelievi eccessivi.
Fiume Sarno Lunghezza: 24 km
Portata media: 13 metri cubi al secondo alla foce
Estensione del bacino: 438,97 kmq
Abitanti nel bacino: oltre 2.500.000
Stato ecologico: pessimo in tutto il suo corso.
Le cause: mancanza di fogne e depuratori, forte industrializzazione e urbanizzazione, eccessivi prelievi alle sorgenti.
A chi dire grazie ? Ora tutto il mondo ci conosce e ci eviterà ancora di più, se possibile!!! E notate che i fiumi sono in ordine alfabetico, ecco perché siamo  terzi. Se si fosse fatto un elenco di pericolosità saremmo probabilmente primi visto che il nostro è l’unico fiume nel quale viene riportato “lo smaltimento di rifiuti radioattivi!!! “ Ed ancora senza prova scientifica!!
E se, poi,  entrate nella pagina successiva, l’articolo comincia con questa terribile affermazione: CHI LO CONOSCE LO EVITA.
Io forse sono l‘unico ad aspettare ancora i risultati delle indagini  che la Procura sta facendo da tempo! Con pazienza e fiducia , incredulo che questo fiume sia davvero quello che da taluni viene detto essere. Io so per certo che è pieno di rifiuti urbani , che insieme alla spazzatura sono state sversate pile, batterie ed i loro contenuti quali il mercurio ed il piombo, eccetera; so per certo che la spazzatura è stata bruciata e che si è prodotta diossina ; so per certo che il Cesio 137 è in tutto il mondo e non vedo perché non debba essere qui, da noi, e non solo nell’Oliva; capisco che un “sistema politico, sociale, culturale, giudiziario, amministrativo”  che non ha visto per anni i rifiuti sversati abusivamente ed illecitamente proprio nel letto dell’Oliva può non avere visto anche altro; dubito però che chi ha responsabilità per la discarica e la sua omessa denuncia ora voglia far vedere altro, anche quello che non c’è!! Siamo a fine mese e dovrebbero arrivare i risultati promessi: anche per questo sembra strano questo articolo di Focus e la sua attenzione sull’Oliva. CHI LO CONOSCE LO EVITA  L'Oliva nasce dalla confluenza di più rivoli che scendono dal Monte Scudiero, in provincia di Cosenza. Scorre verso sud ovest lunga la vallata omonima e attraversa piccoli comuni rurali come Aiello Calabro e Serra D'Aiello. Sfocia nel Tirreno a Campora San Giovanni. Può ingrossarsi per le piogge in autunno e primavera, ma prosciugarsi in estate.
 Nonostante sia poco più di un torrente l'Oliva ha meritato l'attenzione dei vertici scientifici e istituzionali italiani. Le Arpa di Calabria, Piemonte, Emilia Romagna e Lombardia, l'Ispra, il Cnr, il Ministero dell'Ambiente, le Commissioni Parlamentari d'Inchiesta sui Rifiuti e sulla Mafia, le Università della Calabria e di Bologna, il Corpo Forestale dello Stato, il Comando Carabinieri per la Tutela dell'Ambiente e la Procura di Paola: in questi anni tutti hanno indagato sulla contaminazione dell'Oliva; le ultime campagne di studio sono in pieno svolgimento e i risultati sono coperti dal segreto istruttorio per l'inchiesta della Procura di Paola.
Per capire la preoccupazione di investigatori e scienziati si deve partire dal giudizio di un medico: «Nello studio che ho condotto tra il 2008 e il 2009 per conto della Procura», spiega il dottor Giacomino Brancati, consulente tecnico d'ufficio nell'indagine, «ho evidenziato che nella popolazione che nei decenni scorsi ha vissuto nella valle dell'Oliva vi è un evidente eccesso di mortalità e di ricoveri per malattie cardiovascolari e soprattutto per tumori maligni del colon, del retto, dell'apparato genito-urinario, della mammella e della tiroide». E la mortalità - secondo questo studio - aumenta avvicinandosi al fiume.
RIFIUTI RADIOATTIVI  Cosa ci sia di pericoloso nell'Oliva lo aveva già scoperto nel 2004 l'Arpa Calabria e negli anni successivi molte altre indagini hanno purtroppo confermato i risultati: nei sedimenti e terreni dell'Oliva ci sono metalli pesanti tossici e cancerogeni come arsenico, rame, zinco, nichel, vanadio, berilio, piombo, mercurio, selenio, tallio e stagno, oltre a PCB e diossine. Il piombo è stato trovato anche nelle carni dei polli, prova che la contaminazione è entrata nella catena alimentare. Ma soprattutto in alcuni punti sono stati trovati cesio 137, antimonio 124 e cadmio 109: radionuclidi di origine artificiale, ossia rifiuti radioattivi. La concentrazione di queste sostanze, che non possono essere state rilasciate da industrie locali, aumenta scavando in profondità nel terreno: qualcuno ha seppellito rifiuti industriali tossici e radioattivi in questa piccola valle calabrese.
LA MAPPA DELLE DISCARICHE  Il primo allarme l'aveva lanciato il Wwf locale nel 1999, ma era stato accusato di rovinare l'immagine turistica della Calabria. Nel 2004 alcuni militanti fondarono il Comitato civico Natale De Grazia e nel 2009 hanno pubblicato il dossier La valle dei veleni, che ricostruisce la situazione nel dettaglio. «Risalendo il fiume Oliva dal mare verso le sorgenti si incontrano quattro aree fortemente contaminate», spiega Gianfranco Posa, presidente del comitato. «Sotto lo sbarramento, a Serra D'Aiello c'è un sarcofago in cemento armato lungo 100 metri contenente mercurio e rifiuti industriali. Poco più sopra, sulla sponda sinistra, a Foresta c'è un'area contaminata da pcb e diossine, metalli pesanti e sostanze radioattive: si nota rispetto al territorio circostante perché intorno gli alberi sono secchi. Risalendo ancora, sulla riva destra si incontra una discarica abbandonata dove durante l'emergenza rifiuti degli anni '80 i comuni della zona hanno scaricato tonnellate di rifiuti urbani, industriali e ospedalieri. Infine, poco sopra c'è una cava abbandonata dove è stata rilevata una evidente anomalia termica per la forte presenza di sostanze radioattive nel sottosuolo.»
Qui il fiume lo si guarda "al contrario" e cioè dal mare, perché alcuni pensano che una parte dei rifiuti sia arrivata da lì. Il 14 dicembre 1990 la motonave Jolly Rosso si arenò su queste spiagge: anche se finora le inchieste non sono riuscite a provarlo rimane il sospetto che quella nave trasportasse rifiuti tossici per conto dei "soliti noti" e che dopo il naufragio qualcuno li abbia fatti sparire sotterrandoli nella valle dell'Oliva.


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