venerdì 1 giugno 2012

l’ingegnere sismico Alessandro Martelli spiega....

Ricordate questo nostro articolo di esattamente un mese fa? Era il 20 aprile, e riprendevamo un’inchiesta di RaiNews24 molto attenta e precisa, fatta di interviste a prestigiosi esperti e scienziati di fama internazionale, tra cui l’ingegnere sismico Alessandro Martelli, direttore dell’Enea di Bologna (vedi foto) che già allora spiegava come “le previsioni in senso stretto cioè dire che un evento di magnitudo “x” avverrà nel luogo “x” il giorno “x” è assolutamente impossibile al giorno d’oggi, ma quello che si può fare è prevedere con una certa probabilità di azzeccarci che un terremoto possa avvenire in un certo periodo di tempo (qualche mese, almeno, o un anno) in una zona normalmente abbastanza estesa come dimensioni“.
Stamattina Martelli è finito sulle prime pagine di alcune testate secondo cui avrebbe detto che il terremoto di ieri in Emilia Romagna era stato previsto e che adesso ci attendono forti scosse al sud, ma in realtà s’è trattata solo di una leggerezza di qualche collega giornalista dal titolone facile.
Per capire davvero come stanno le cose abbiamo contattato direttamente l’ing. Martelli che ci ha spiegato in modo preciso il suo punto di vista sulla situazione generale, precisando innanzitutto che quando si parla di “previsioni” dei terremoti bisogna sempre usare le virgolette, perchè non è una previsione come quelle meteorologiche, che dicono dove e quando pioverà (a volte anche sbagliando!), ma si tratta di previsioni molto meno precise in quanto le tecnologie e le attuali conoscenze scientifiche non permettono di poter sapere in anticipo e con precisione dove e quando si svolgerà un terremoto.
Martelli ci ha spiegato che il terremoto di ieri in pianura Padana era stato “previsto” nel senso che alcuni stumenti di previsione realizzati da diversi Paesi, e in Italia dall’International Centre for Theoretical Physics (ICTP) e dall’Università di Trieste, avevano indicato la possibilità di una scossa sul territorio del nord Italia di magnitudo superiore a 5.4 Richter, e che a marzo gli studiosi avevano lanciato l’allarme alle autorità competenti, tra cui la Commissione Grandi Rischi della Protezione Civile.
Martelli spiega sche “l’algoritmo delle analisi mostrava che un terremoto superiore a quella magnitudo era fortemente probabile“, ma nessuno era in grado di dire dove precisamente si sarebbe verificata la forte scossa, perchè questi studi vengono fatti su porzioni di territorio abbastanza ampie e l’allerta era stata diffusa per il “nord Italia“, con riferimento alle zone interessate dai terremoti più recenti e cioè l’area del lago di Garda, nel Veronese, quella dell’Appennino Emiliano, tra Parma, La Spezia e alta Toscana, quella del Montefeltro, nell’Appennino Romagnolo, e anche quella del Ferrarese, dove poi effettivamente s’è verificata la scossa.
Martelli ci ha spiegato nel dettaglio come funziona questo sistema di allerta, che è un metodo sismologico “di cui io sono solo un utilizzatore dei risultati, perchè non siamo noi ingegneri a svilupparli. Sono metodi attualmente sviluppati in Italia dall’Istituto di Fisica Teorica di Trieste e dall’Università di Trieste, e da altri centri del mondo. In questi studi si analizzano i risultati del monitoraggio del territorio suddiviso in zone sismiche. L’Italia è divisa in tre zone sismiche: il nord, il centro e il sud“.
Ogni inizio anno – continua Martelli – a gennaio, in base all’esame di tutti i terremoti più piccoli delle varie zone, si possono notare delle anomalie che vengono analizzate e poi verificate; da lì si capisce se sta accadendo qualcosa al di fuori dalla norma. Quel qualcosa al di fuori dalla norma è la possibilità di avere un evento significativo nel breve/medio periodo che significa qualche mese o un anno, al massimo due anni. Allora ogni anno in Italia si fa per ciascuna di queste tre aree una verifica del genere“.
Quest’anno – entra nello specifico Martelli – dal 1° gennaio avevamo allertato l’Italia meridionale, poi ogni due mesi facciamo delle verifiche per capire se la situazione è inalterata oppure è cambiata, e capiamo se c’è la necessità di allertare anche un’altra Regione in base agli algoritmi utilizzati per definire questi allarmi, oppure se va tolto l’allarme per la zona in cui era stato lanciato. A marzo di quest’anno è successo che, oltre a mantenere l’allarme per le Regioni meridionali, abbiamo allarmato anche il nord mentre il centro è rimasto non allarmato. L’allarme per il nord vedeva una soglia precisa, cioè la concreta possibilità del fatto che si potesse verificare nel breve/medio termine una scossa di magnitudo superiore a 5.4 Richter. Sapevamo, insomma, che era di molto aumentata la probabilità che in quella macro-area si verificasse un terremoto forte. Ovviamente non abbiamo tenuto la notizia per noi, ma l’abbiamo comunicata alle autorità competenti pur non divulgandola a livello mediatico perchè notizie del genere possono scatenare panico o paure infondate che non portano a nulla. Attualmente queste previsioni sono il massimo che i sismologi possono riuscire a fare, in base alle attuali conoscenze scientifiche e tecnologiche. Più che di vere e proprie previsioni, è giusto parlare di “esperimenti di previsione“.
E adesso questi esperimenti di previsione cosa dicono?
Adesso che al nord il forte terremoto c’è stato, a preoccuparci è il sud. L’allarme per il sud è molto più grave perchè c’è da più tempo ed è il risultato di studi incrociati che dicono tutti la stessa cosa. L’algoritmo Italiano individua il rischio nell’area del sud, che va dalla Campania in giù, ma alcuni prestigiosi centri di calcolo di altri Paesi concentrano il rischio tra Calabria e Sicilia, quindi all’estremo sud“.
Che Calabria e Sicilia siano due Regioni ad altissimo rischio sismico è noto a tutti da tempo, così come il fatto che da moltissimi decenni in quest’area non si verificano scosse forti, come quelle che ne hanno segnato la storia millenaria. Ma adesso che la scienza dice che un nuovo forte sisma può essere imminente, cosa si può fare per limitare i danni?
Certamente non si può evacuare per due anni tutto il sud: non sappiamo dove di preciso sarà la scossa, nè quando si verificherà con esattezza. Ma sappiamo che ci sarà. Si possono certamente fare interventi importanti a limitarne i danni, le coseguenze sul territorio e sulle città. Ma non è una scelta scientifica, noi ci limitiamo a fornire alle autorità competenti le informazioni a disposizione, poi sono loro a decidere cosa fare. Sicuramente c’è tanto da fare“.
C’è tantissimo da fare, ma ovviamente è una scelta politica: si potrebbero esaminare le strutture strategiche, verificare l’efficienza del sistema di protezione civile, fare ristrutturazioni antisismiche negli edifici più vecchi e verificare che quelli recenti e residenziali lo siano, informare la popolazione in modo serio su come comportarsi in caso di sisma e molto altro ancora: ma la politica, e anche la gente comune, è interessata a tutto questo?
Siamo sicuri che l’interesse nei confronti della scienza sia tale da poter considerare in modo preciso quello che gli esperti ci stanno dicendo da tempo?
Siamo tutti pronti a puntare il dito contro qualcuno(vedi L’Aquila e quel processo a dir poco vergognoso rispetto a chi “non ha previsto il terremoto“!!!), ma finchè una cosa non ci tocca da vicino rimaniamo belli tranquilli nella nostra quotidianità, senza farci scalfire da ciò che accade altrove.
E allora, se proprio vogliamo avere la coscienza a posto, partiamo da noi stessi: quante persone, quanti calabresi e quanti siciliani, vivono e sanno di vivere in una casa, in una villa, in un palazzo che è stato costruito rispettando tutte le norme antisismiche, e che quindi potrà reggere anche a un terremoto fortissimo senza avere danni?
Se tutto funzionasse bene, non ci sarebbe motivo di preoccuparsi. Le paure, a volte isteriche, sono legate proprio alla consapevolezza si rischiare la vita a causa di costruzioni poco sicure e rispettose delle norme. Ma anzichè piangersi addosso o etichettare chi dice che ci sarà un terremoto come un iettatore, è arrivato il momento di rimboccarsi le maniche e iniziare a risolvere i problemi, senza bisogno che lo facciano sempre altri, aspettandoli invano.
Ma poi chi è che dovrebbe farli, se non lo facciamo noi stessi?
Non sottovalutiamo i messaggi che arrivano dagli esperti come quello di Martelli (che non è nè undiscendente dei Maya o un pronipote di Nostradamus, ma un uomo di scienza!), altrimenti dovremo riconoscere che Sgarbi, quando dice certe cose, effettivamente ha ragione …

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